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La meridiana di San Petronio
(English version,
version Française)
Come
espressione dell’autorità comunale, il Senato di Bologna deliberò nel 1388 la
costruzione di una nuova grande chiesa dedicata al patrono della città, San
Petronio.
Iniziata nel 1390, su progetto di Antonio di Vincenzo, la basilica, tardo
esempio del gotico italiano, venne terminata nel 1659, pur non essendo ancora
del tutto compiuta la facciata.
Tra i numerosi eventi storici che vi ebbero luogo, il più rilevante fu
l’incoronazione di Carlo V ad imperatore del Sacro Romano Impero, nel 1530.
Per lungo tempo San Petronio fu anche la chiesa dello Studio universitario, che
dal Cinquecento all’Ottocento ebbe sede nell’adiacente Archiginnasio, scandendo
i tempi delle lezioni con una sua campana, detta “la scolara”.
Nel 1576 venne chiamato a
Bologna per l’insegnamento di Matematica e Astronomia il domenicano Egnazio
Danti, cosmografo di Cosimo I dei Medici. Danti faceva parte della Commissione
insediata da Gregorio XIII per la preparazione del nuovo calendario, quello
cosiddetto gregoriano, che venne poi promulgato nel 1582 e che è lo stesso che
noi ora utilizziamo.
Lo studio delle variazioni del movimento apparente del Sole nel corso dell’anno
e la determinazione degli istanti degli equinozi e dei solstizi erano tra le
osservazioni astronomiche più importanti proprio ai fini della definizione del
nuovo calendario.
Già a Firenze, in Santa Maria Novella, Danti aveva progettato uno strumento
astronomico assolutamente nuovo per migliorare l’osservazione del moto solare:
una linea meridiana.
La macchia di luce prodotta sul pavimento di una grande chiesa dai raggi solari,
ammessi nella sua penombra da un foro di limitate dimensioni, consentivano di
definire la posizione dell’astro e le variazioni del suo moto molto meglio
dell’ombra prodotta sul terreno dai grandi gnomoni usati sin dall’antichità.
Appena giunto a Bologna, Egnazio Danti realizzò
una meridiana all’interno di San Petronio (che qui vediamo in un disegno tratto
dall’Almagestum Novum di Riccioli), con la quale verificò proprio l’epoca
dell’equinozio di primavera.
È importante ricordare che a quei tempi - nonostante fosse già stato pubblicato
da oltre trent’anni il De Revolutionibus Orbium Coelestium di Copernico, che
illustrava il nuovo sistema eliocentrico - si credeva ancora che la Terra si
trovasse al centro del Creato e quindi, secondo l’accreditato sistema
aristotelico, il moto solare era ritenuto reale e non apparente.
Neanche un secolo dopo la costruzione della
meridiana di Egnazio Danti, a causa dei lavori di ampliamento della basilica, si
progettò di demolire il muro di fondo della navata di sinistra, sulla cui
sommità aveva sede l’“occhio” della meridiana di Danti: lo strumento
cinquecentesco sarebbe quindi andato distrutto.
Nel 1655 la Fabbriceria di San Petronio decise di affidare il progetto di una
nuova linea meridiana al “dottor Gian Domenico Cassini genovese”.
Cassini insegnava Astronomia a Bologna già da alcuni anni e si era
segnalato per l’accuratezza mostrata nelle osservazioni astronomiche, tra le
quali quelle della cometa del 1652, che egli dimostrò trovarsi molto al di sopra
dell’orbita della Luna, contrariamente alle correnti idee aristoteliche, che
ritenevano le comete esalazioni dell’atmosfera terrestre e non corpi celesti.
Contro le proposte di sostituire la linea
meridiana di Danti con una più corta e decisamente meno utile alle osservazioni
astronomiche, Cassini presentò un audace progetto: sfruttando abilmente il
percorso tra le colonne della navata gotica, propose di aumentare di un terzo
l’altezza dello gnomone di Danti e di renderlo due volte e mezzo più lungo, in
modo da poter compiere osservazioni ancora più accurate.
Per terminare la sua opera dovette però superare notevoli difficoltà economiche,
logistiche, tecniche ed anche “accademiche”.
Le navate della grande basilica, che era stata volutamente costruita in modo da
affacciarsi sulla piazza comunale, non presentavano un orientamento nella
direzione nord-sud. La difficoltà tecnica maggiore, quindi, era proprio quella
di riuscire ad evitare che il percorso dei raggi solari venisse interrotto dalle
colonne, riuscendo ad utilizzare il più possibile le grandi dimensioni
dell’edificio.
Dopo accurate osservazioni del percorso del Sole, il foro gnomonico venne collocato nella quarta
volta della navata sinistra, ad una altezza pari a 1000 once del piede regio di
Parigi (27,07 metri) e il giorno del solstizio d'estate del 1655 si pose la
prima pietra della linea meridiana. La lunghezza al suolo della linea dal punto
verticale al foro gnomonico, come previsto da Cassini, risultò pari alla
seicentomillesima parte della circonferenza terrestre (66,8 metri).
In occasione del solstizio, Cassini fece pubblicare un
manifesto con cui invitava tutta la cittadinanza ed i professori dell'Università
ad assistere alla definitiva verifica del tracciato meridiano e al passaggio
dell'immagine del Sole “fra quelle colonne, che erasi creduto impedirne la
descrizione”.
Il costo dell’opera fu complessivamente di lire 2500 (circa 400-500 milioni di
oggi), delle quali 500 solo a Cassini.
La grande fama raggiunta da Cassini con questo
strumento “per misurare il Sole”, da lui stesso chiamato “eliometro”, e con
altre importanti osservazioni astronomiche, fece sì che fosse chiamato a Parigi
da Luigi XIV per contribuire alla realizzazione dell’Observatoire Royal.
Cassini ritornò poi a Bologna nel 1695 per verificare la linea meridiana,
insieme al figlio Jacques e a Domenico Guglielmini: gli strumenti utilizzati
allo scopo (che si vedono nell’immagine a fianco) sono ancora conservati nel
Museo della basilica. La determinazione allora effettuata dell’epoca
dell’equinozio di primavera dissipò i dubbi relativi all’opportunità di omettere
il bisestile nell’anno 1700, come previsto dalla riforma gregoriana.
Un ulteriore restauro venne eseguito da Eustachio Zanotti nel 1776 e i controlli
più recenti sono stati effettuati da Federico Guarducci nel 1904 e da Giovanni
Paltrinieri in questi ultimi anni.
Lo scopo dichiarato da Cassini per poter
realizzare una linea meridiana lunga ben 67 metri (la più lunga al mondo) era
quello di determinare con la massima accuratezza la lunghezza dell'anno tropico,
mediante la misura del tempo trascorso tra due passaggi successivi del Sole
all'equinozio di primavera, onde poter verificare la correttezza della riforma
gregoriana del calendario.
Ben altro, però, era lo scopo di Cassini, come si può capire dall'utilizzo che
egli fece del grande strumento.
A meno di 20 anni dal processo a Galileo non era facile dichiarare apertamente
di voler realizzare uno strumento che risolvesse la controversia tra coloro che
ritenevano il moto del Sole circolare e uniforme intorno ad una Terra immobile e
coloro che ritenevano, invece, che la Terra ruotasse intorno al Sole e che
il moto del Sole fosse solo apparente.
Il Sole sembra muoversi in cielo più lentamente
d’estate che d’inverno ed era noto già a quei tempi che proprio d’estate esso si
trova alla massima distanza dalla Terra. E’ appunto questo grande allontanamento
che secondo gli antichi faceva apparire il suo moto più lento.
Ma la domanda che molti astronomi, e tra questi Keplero, si ponevano era:
il Sole sembra muoversi più lentamente solo perché è più lontano
oppure il suo moto è realmente più lento?
Si trattava, di verificare la seconda legge di Keplero, che sostiene che la
Terra ha una velocità maggiore quando è più vicina al Sole e si muove più
lentamente quando è più lontana o, più precisamente, che la linea che congiunge
il pianeta al Sole descrive aree uguali in intervalli di tempo uguali (si veda
la figura accanto).
Per deciderlo bisognava osservare se il diametro del Sole diminuisse nello
stesso modo in cui diminuiva la sua velocità, il che avrebbe voluto dire che
certamente la diminuzione di velocità era solo apparente.
Cassini riuscì a determinare le variazioni del diametro solare, con la
precisione di circa un minuto d'arco, misurando le dimensioni dell'immagine
proiettata sul pavimento della chiesa: da 168x64 cm d’inverno (nella foto in
basso) a 26 cm di diametro d’estate.
Si dimostrò, così, che il diametro apparente del Sole diminuiva man mano che
aumentava la distanza dalla Terra, ma non diminuiva, tuttavia, nello stesso modo
con cui diminuiva la sua velocità. Questo significava che la disuniformità
apparente del moto solare corrispondeva ad una disuniformità reale.
Era la conferma osservativa della seconda legge di Keplero, anche se non era
ancora una conferma della superiorità del sistema eliocentrico rispetto a quello
geocentrico. Per la relatività dei moti, infatti, i due sistemi appaiono alle
osservazioni come equivalenti, ma con la meridiana di San Petronio Cassini aveva
mostrato che “da un punto di vista della teoria solare, il Sole o, il che è la
stessa cosa, la Terra, può essere trattato come un pianeta, come affermato da
Copernico”.
L'accuratezza di realizzazione della linea
meridiana permise a Cassini di ottenere con questa altri importanti risultati:
una nuova determinazione dell'obliquità dell'eclittica, 23°29'15", di soli 22"
superiore a quella reale, e nuove misure della rifrazione (cioè la deviazione
che subisce la luce di un astro attraversando l’atmosfera e che lo fa apparire
più alto sopra l’orizzonte), che vennero usate per oltre un secolo.
Eustachio Manfredi, nel 1736, analizzando ottant’anni di osservazioni eseguite
mediante la meridiana, dimostrò come diminuisse di meno di un secondo all’anno
l’obliquità dell’eclittica, il circolo descritto apparentemente in cielo dal
Sole nel corso di un anno e che corrisponde in realtà al piano dell’orbita
terrestre intorno al Sole.
Questa diminuzione dell’obliquità consiste in un raddrizzamento dell’asse di
rotazione terrestre rispetto al piano in cui la Terra orbita intorno al Sole:
gli astronomi che osservarono con la grande meridiana di San Petronio ebbero
l'onore di aver rivelato e misurato per primi un processo che, se restasse inalterato,
abolirebbe le stagioni in meno di 2000 secoli.
Fabrizio Bònoli
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