Leggere il Cielo

Visita guidata attraverso la Via Lattea

Giorgio G.C. Palumbo

Home

 

La Via Lattea è quella luminosa striscia, densa di stelle, che attraversa il cielo notturno e, alle nostre latitudini è meglio visibile nelle serate estive. Essa è nota anche come "la Galassia" dall'omonimo termine greco che significa latte. Osservata e studiata con potenti telescopi da circa un secolo in tutte le bande dello spettro elettromagnetico (ovvero la radiazione che copre le lunghezze d'onda dalle onde radio: metri, centimetri, millimetri, alla luce visibile e ultravioletta: Ångström o centomillesimi di millimetro, X, centomilionesimi di millimetro, e Gamma, miliardesimi di millimetro) oggi sappiamo che è composta da centinaia di miliardi di stelle, gas, polvere, particelle cosmiche; il tutto permeato da un diffuso e non uniforme campo magnetico e da un campo di radiazione anch'esso diffuso, ovvero da "luce" (in quanto segue il termine luce va esteso a tutta la radiazione elettromagnetica a cui si è accennato prima cioè di tutte le lunghezze d'onda dalle radio onde ai fotoni ottici, X e Gamma dove per praticità quando la radiazione ha lunghezze d'onda grandi, si parla di onde e per lunghezze d'onda corte, si parla di fotoni). La parte non stellare è anche nota come Mezzo Inter Stellare (MIS). Simile a molte altre galassie lontane anche quella in cui ci troviamo è una galassia spirale ed una tra le più grandi. In un disco di circa 130.000 anni luce di diametro in cui sono distribuiti gli ingredienti prima elencati, si identificano: i bracci a spirale, ricchi di gas, polvere e stelle, il "bulbo" o rigonfiamento contenente il Centro Galattico (CG) polveroso e oscurato nel visibile, un alone di stelle quasi sferico che contiene sia il bulbo che il disco, questo alone si stima abbia una luminosità totale equivalente a circa 15 miliardi di soli; un alone scuro, non emittente luce, ma massiccio che circonda tutto e si estende molto al di là del disco più alone luminoso. Questo alone scuro non è mai stato direttamente "visto" ma la sua presenza è richiesta, in modo indiretto, per spiegare alcune osservazioni. Si calcola che la massa della Galassia, grazie alla presenza di questo alone scuro, sia circa 70 volte maggiore di quella stimata utilizzando la sola massa luminosa. Se ciò è vero significa che, attraverso lo studio della radiazione elettromagnetica, prodotta da processi fisici noti che avvengono nella materia, possiamo conoscere solo una frazione di quanto realmente esiste. La Galassia ruota intorno ad un asse perpendicolare al disco in modo differenziale, cioè non come un corpo rigido ma come l'acqua nel lavandino pieno quando si toglie il tappo dallo scarico: più velocemente al centro e più lentamente ai bordi.

Il Sole si trova a circa 27.000 anni luce dal Centro Galattico, dunque più vicino al centro che ai bordi, e vi ruota intorno percorrendo un completo giro in circa 230 milioni di anni. Si deduce che la velocità del Sole è di 220 chilometri al secondo ovvero circa 800.000 chilometri all'ora. Tutte queste componenti la Galassia (ed anche le altre galassie spirali poiché abbiamo ragione di credere che anche le altre siano del tutto simili) sono tenute insieme dalla reciproca attrazione gravitazionale delle varie componenti massive.

Non verranno qui discusse le stelle e la loro evoluzione poiché altrove questi argomenti vengono trattati in dettaglio. Basti qui ricordare che le più brillanti tra esse emettono in un giorno più luce di quanta non ne emetterà il Sole per i prossimi 2000 anni e le più deboli, se fosse possibile porle al posto del Sole, illuminerebbero, a mezzogiorno, meno di quanto non illumini, di notte, la luna piena. Le stelle più calde emettono copiose quantità di luce ultravioletta e appaiono blu mentre le più fredde appaiono rosse. Poste al centro del Sistema solare le stelle più grandi arriverebbero fino a toccare Saturno, le più piccole sono invece delle dimensioni della Sicilia. Le stelle più vecchie della nostra Galassia hanno più di 15 miliardi di anni mentre almeno una decina per anno sono appena nate e qualche decina sono certo più giovani di chi sta leggendo queste pagine. Accenneremo invece alla formazione delle stelle che è possibile grazie alla condensazione del gas e della polvere presente nel MIS. La massa del MIS è circa un dodicesimo della massa totale contenuta in tutte le stelle, pari ad alcuni miliardi di soli, cioè tutt’altro che trascurabile.

Brevemente parleremo anche delle stelle spente, oggetti estremamente densi e compatti noti come stelle di neutroni e buchi neri, di come essi si formino e tramite quali processi. Questo ci servirà per spiegare l'origine del materiale del MIS da cui si formano nuove stelle.

 

La materia interstellare fu introdotta come ipotesi per spiegare due tipi di osservazioni: la presenza di "buchi" nella distribuzione delle stelle osservati per la prima volta dall'astronomo inglese W. Herschel nel 1700 e la discrepanza ottenuta misurando la distanza delle stelle in ammassi aperti usando due diversi metodi, notata, per la prima volta nel 1930, dall'astronomo americano Trumpler. Non poca fu la resistenza della comunità astronomica all'introduzione di materia frammentata in piccole particelle (detta anche di "polvere") in un quadro dell'Universo che sempre più si allontanava dall'immagine delle perfette sfere descritte dai moti dei corpi celesti in un vuoto perfetto e si avvicinava velocemente alla casuale e caotica distribuzione di interferenze di attrazioni reciproche in un mezzo sporco e polveroso. È ironico che, meno di un secolo più tardi, la stessa polvere, ipotizzata come fastidiosa sorgente di errore nelle misure astronomiche, è considerata il catalizzatore fondamentale nel processo di formazione di stelle e pianeti. Lo studio della polvere interstellare oggi rappresenta un capitolo dell'astronomia in grande espansione tanto da essere talvolta individuato come "astrochimica". Esso presenta formidabili sfide al fisico e chimico che si accingono, utilizzando i pochi, ma crescenti, dati osservativi, a definirne le proprietà di base.

Tutti i campi della fisica sono necessari per comprendere le proprietà fisiche dei granelli che compongono la polvere cosmica. Per capire secondo quali leggi essi interagiscono con l'abbondante radiazione presente nel MIS bisogna utilizzare sia i risultati della fisica dello stato solido, che le leggi dei campi elettromagnetici. La fisica delle superfici aiuta a comprendere come i grani interstellari assorbano energia dal gas circostante tramite urti, questa energia, tramutata in calore, li riscalda ed essi poi la riemettono sotto forma di radiazione a lunghezze d'onda maggiori diventando sorgenti infrarosse. La chimica insegna come reazioni sulla superficie dei grani medesimi, stimolate dall'impatto con molecole di diversa natura, permettano la formazione di complesse strutture molecolari contenenti catene formate da decine di atomi. Processi fisici, tipici dello stato solido, sono necessari per descrivere la carica elettrica che i grani possono acquisire o perdere mentre la termodinamica e la fisica statistica ci aiutano a formulare modelli che spieghino l'aumento di temperatura dei grani piccoli. La chimica terrestre è molto interessata alla formazione di gruppi di molecole complesse, nel MIS alcuni di questi gruppi possono essere formati grazie alle condizioni estreme di temperatura e densità dell'ambiente. Questi gruppi molecolari, oltre a spiegare le osservazioni, si pensa siano il seme da cui si possono far crescere i grani di polvere cosmica fino alle dimensioni osservate di (0.1- 1) micron (pari ad un millesimo di millimetro) dimensioni tipiche delle particelle di fumo. Su scale atomiche i grani sono come montagne, ognuno di essi contiene migliaia di miliardi di atomi. Queste nucleazioni potrebbero avvenire in prossimità delle atmosfere stellari dove le molecole sono prodotte e dove modelli di crescita dei grani stessi suggeriscono vi siano gli ingredienti ed i meccanismi necessari perché avvenga. In sintesi i granelli di polvere che si trovano tra le stelle e che, all'inizio, vennero introdotti come spiegazione di una sorgente di disturbo, l'assorbimento della luce, oggi offrono sia la spiegazione a una serie di dati osservativi altrimenti incomprensibili, che la ragionevole base per un modello di formazione di stelle e relativi sistemi planetari, offrendo l'opportunità di studiare la materia in stati di aggregazione non ottenibili in laboratorio.

via lattea
Figura 1. Ricostruzione della luminosità della Galassia. Qui l'intera Via Lattea è distesa in un'unica fascia orizzontale; le due estremità, a destra e a sinistra si toccano. Il centro della galassia è al centro dell'immagine mentre l'anticentro è all'estremità. La larga fascia scura a sinistra del centro si estende fino al Cigno ed è la maggiore concentrazione di nubi molecolari.

Morendo, una stella fertilizza lo spazio con i prodotti delle sue fornaci interne. Una stella brucia l'idrogeno di cui è fatta e, attraverso il processo di fusione, produce i vari elementi. Questo processo è spiegato in dettaglio nell'articolo di Flavio Fusi Pecci. Quando il centro della stella raggiunge i 5 miliardi di gradi la situazione si fa critica. L'energia termica minaccia di superare l'energia di fusione dei nuclei. Come una pietanza in un forno troppo caldo, l'arrosto nucleare rischia di bruciare. I preziosi nuclei, pazientemente preparati dalla stella durante la sua lunga vita, rischiano di decomporsi nuovamente nei loro componenti, in nucleoni. Il disastro è incombente. La situazione è salvata in parte dalla fuga dei neutrini, prodotti in abbondanza, ma il risultato è una caduta libera della materia stellare verso il centro. Questa caduta fa partire una esplosione formidabile: una luce accecante pari a centinaia di milioni di soli sprigiona dalla stella. Visto dalla terra questo evento è chiamato supernova. Alla velocità di migliaia di chilometri al secondo, gli elementi prodotti e disposti in sfere concentriche intorno al nucleo della stella, sono lanciati nello spazio. L'espansione dura millenni, la materia, su scala stellare, ripercorre la storia dell'universo primordiale durante i primi minuti, diventa diluita e fredda ma con una enorme differenza, adesso la materia contiene nuclei pesanti. Possiamo considerare l'esplosione di una stella come un'altra via che la natura usa per aumentare il grado di complessità. Non è possibile formare legami elettrici per formare atomi alle tremende temperature all'interno delle stelle. Questo si verifica nel freddo e vasto spazio interstellare. Nei primi tempi in cui è esistita la Galassia le sue stelle erano composte di solo idrogeno ed elio; la situazione è cambiata nelle seguenti generazioni, attraverso i resti delle supernovae il mezzo interstellare diventa sempre più ricco di elementi pesanti. Questo non è un cambiamento da poco, le stelle delle generazioni successive si formano da gas arricchito di questi elementi pesanti. Dopo 15 miliardi di anni di successive aggiunte, cioè durante la vita della Galassia, gli atomi pesanti sono solo l'uno per cento di tutti gli atomi presenti ma hanno un ruolo assolutamente cruciale. Le supernovae sono eventi abbastanza rari; nella Galassia si stima la frequenza di supernovae basandosi sia sulle rimanenze osservate che sugli eventi storici. Con notevole incertezza si pensa che nella Via Lattea scoppi una stella ogni circa 100 anni. Si tenga conto però che l'ultima supernova la osservò Keplero. Si studiano quindi con attenzione le supernovae che si osservano in galassie vicine e simili alla nostra. È da questi eventi che deriva buona parte di ciò che sappiamo.

Quando una stella massiccia (massa molto più grande di quella del Sole) esplode, non si disperde interamente nello spazio, la zona centrale cade su se stessa. Appare un nuovo oggetto con proprietà straordinarie: una stella fatta di soli neutroni. La densità di materia in una "stella di neutroni" si misura in centinaia di milioni di tonnellate per centimetro cubo. Questo equivale alla massa di una petroliera concentrata in una capocchia di spillo. Non sono ben noti i fenomeni fisici che avvengono in queste estreme circostanze ma sappiamo che i nuclei atomici non possono reggere la pressione e si fondono insieme. I protoni si trasformano in neutroni e la forza dominante non è più né quella elettrica che domina gli atomi né quella nucleare che domina i nuclei, ma la gravità. Per questo si chiamano di neutroni. Alcune di queste stelle, rimasugli di supernovae esplose tempo fa, emettono luce da una porzione della loro superficie e girano vorticosamente su se stesse. Il risultato è che noi, da terra, vediamo passare periodicamente questo fascio innanzi al telescopio e riveliamo un impulso: queste sono le "pulsar".

In alcuni casi il resto di una supernova può diventare anche più denso di una stella di neutroni. In tal caso la gravità che agisce su di esso è estremamente forte, tanto da trattenere la luce prigioniera e non lasciarla sfuggire. Il corpo pertanto diventa scuro ed invisibile, di qui il nome di "buco nero".

Qual è la massa di un buco nero ? Qualsiasi, un grammo, un miliardo di tonnellate o un miliardo di volte la massa del Sole, basta che sia contenuta in un volume sufficientemente piccolo. Un buco nero con la massa del Monte Bianco potrebbe essere contenuto in un volume pari a quello di un atomo, un buco nero con il volume del Monte Bianco avrebbe una massa pari a quella del Sole.

I buchi neri si possono "vedere" nonostante la mancanza di emissione di radiazione non aiuti. In aiuto ci viene invece la forte attrazione gravitazionale che essi esercitano. Se il Sole, quasi per magia, diventasse di colpo un buco nero, il suo raggio diverrebbe minore di un chilometro e non emanerebbe più luce ma i pianeti continuerebbero a ruotargli intorno come se nulla fosse accaduto. In cielo circa la metà delle stelle sono binarie, cioè hanno una compagna ed insieme ruotano intorno ad un punto posto in una posizione particolare sul segmento che le separa e che dipende dalle masse delle due stelle. Se una delle stelle è un buco nero e l'altra una stella normale la materia e la luce che la stella normale emette è prontamente attratta dal buco nero che la attira a sé. Cadendo sul buco nero la materia si incanala, per attrito si scalda ed emette radiazione X e gamma che, osservata da terra, ci fornisce una inconfondibile prova di ciò che accade. Oggi molte stelle sono note per avere come compagna un candidato buco nero.

Va ricordato, per completezza, che stelle di piccola massa, cioè come il Sole, non muoiono in modo così drammatico e non attraversano la fase di supernova. A causa della modesta massa non raggiungono mai la temperatura necessaria e si accontentano di spegnersi diventando "nane bianche", anch'esse "stelline" di volume simile a quello della terra ma, paragonate alle stelle di neutroni, molto più grandi (le stelle di neutroni hanno un volume simile a quello di una montagna) e molto meno dense (una tonnellata per centimetro cubo contro centinaia di milioni di tonnellate per le stelle di neutroni).

 

Studiare stelle e nebulose nella galassia vuol dire guardare attraverso il disco e più distanti sono gli oggetti osservati più difficile diventa osservarli a causa non solo della diminuzione di flusso in ragione inversa al quadrato della distanza ma dell'oscuramento che produce il gas e la polvere diffusa lungo il piano galattico. Il gas intergalattico però produce onde radio, grazie alla presenza di elettroni e campo magnetico, tali onde penetrano il mezzo diffuso e permettono all'astronomo di osservare dove la luce non penetra. Gran parte di ciò che sappiamo sulla struttura del disco galattico ci proviene da osservazioni di gas e materiale posto nello spazio tra le stelle. Questo materiale viene dai detriti di stelle esplose in passato, le supernovae. In media il MIS ha una densità di un atomo per centimetro cubo. Si pensi, per contrasto, che l’atmosfera terrestre contiene 25 miliardi di miliardi di molecole nello stesso volume. Anche il vuoto più spinto, mai raggiunto artificialmente nei nostri laboratori, arriva a malapena a qualche centinaio di miliardi di atomi per centimetro cubo, questo ci aiuta a comprendere quanto sia difficile simulare le condizioni del MIS sulla Terra. La situazione è ulteriormente aggravata dal fatto che la temperatura media del MIS si aggira intorno a (10-100) °K, ovvero (170-200) °C sotto zero e i tempi concessi agli atomi per formare molecole, grani ed eventualmente nubi sufficientemente massicce da poter cadere sotto l'attrazione della propria gravità e formare stelle, si misurano in milioni di anni.

Naturalmente può sembrare ovvio chiedersi se, in condizioni di estrema rarefazione, sia sensato porsi il problema del collasso della materia in nubi e, successivamente, in stelle. Le dimensioni della Galassia sono tali che anche densità basse, cioè di un atomo per centimetro cubo, distribuite su tutto il volume ammontano ad alcuni miliardi di masse solari.

L'elemento di gran lunga più comune nel MIS, e nell'Universo, è l'idrogeno (H) anche se compaiono, in proporzioni diverse ed in concentrazioni disuniformi, anche tutti gli altri. L'H atomico, la forma più comune nel MIS, trasmette radio-onde della lunghezza d'onda di 21 cm. L'H molecolare (H2), formato da due atomi di H uniti tra loro, è molto fragile e può esistere solo in nubi dense che lo schermino dalla radiazione ultravioletta, abbondantemente prodotta dalle stelle, che separerebbe i due H. Per queste ragioni l'H atomico è più comune nelle parti esterne della Galassia mentre quello molecolare nelle parti interne del disco, più ricche di polveri. Si stima che circa il 70% degli atomi di idrogeno si trovino più lontani del Sole dal CG mentre il 90% delle molecole di idrogeno si trovino più vicine. Le molecole di H non emettono radio onde e, quindi, sono difficili da studiare perché "non si fanno vedere". L'ossido di carbonio (CO), molecola che coesiste con quella dell'H anche se molto meno abbondante, emette radiazione di lunghezza d'onda 2.6 cm e può essere usata come tracciante dellH2. Attraverso lo studio dettagliato della distribuzione del CO si è scoperto che gran parte del gas molecolare è contenuto in giganteschi complessi detti Nubi Molecolari (NM) che, a loro volta, contengono frammenti più densi. Una NM tipica contiene circa 200000 masse solari di gas e ha dimensioni medie di 150 anni luce. Si noti che in una sfera immaginaria, di circa un centinaio di anni luce di raggio, centrata sul Sole, si contano più di 10000 stelle, questo dato ci aiuterà a capire come nelle NM mediamente si trovino sempre molte stelle, le quali emettono luce che talvolta ne illumina porzioni a noi visibili oppure è assorbita creando l'effetto di oscure figure stagliate su uno sfondo di stelle lontane. Nelle NM esistono le condizioni necessarie per creare dei centri di formazione stellare. Una fucina di stelle a 1500 anni luce da noi è la nebulosa di Orione. In essa l'intensa luce ultravioletta emessa da alcune stelle di tipo O e B ha strappato l'elettrone di una gran parte degli atomi di H presenti nelle vicinanze creando una regione di H ionizzato che emette luce visibile e che, data la prossimità a noi di Orione, si può osservare anche ad occhio nudo.

 

Le nebulosità che si osservano nel piano della Galassia sono di tre tipi: nebulosità scure e due tipi di nebulose luminose. Come si spiegano queste differenze? La luce stellare viene riflessa dalla superficie dei grani e produce le "nebulose a riflessione" quali si osservano nelle Pleiadi, mentre nelle altre il gas, che coesiste con la polvere, viene eccitato dalla luce stellare ed emette luce per incandescenza. La grande nebulosa in Orione, è una delle nebulose ad emissione. Le nebulosità scure, invece, semplicemente assorbono la radiazione e la polvere si scalda, la nube quindi diviene una forte emittente nell'infrarosso ma non è "visibile" dai tradizionali telescopi ottici e appare come una macchia scura nelle immagini. Nelle nebulosità come quella del Granchio, ad esempio, che sono il resto di una stella esplosa nell'anno 1054, come è stato possibile ricostruire con precisione da testi di astronomi cinesi dell'epoca, si osservano bagliori azzurrini, questa radiazione è di un tipo particolare, viene detta "di sincrotrone" ed è analoga alla luce emessa nei tubi in cui i fisici accelerano particelle cariche con velocità prossime a quelle della luce. Osservare luce di sincrotrone nella nebulosa del Granchio, dunque, vuol dire che vi si trovano particelle ultrarapide che, si ritiene, siano state accelerate proprio durante l'esplosione della stella. Le stesse particelle, lasciata velocemente la nebulosa, si propagano nella Galassia e divengono parte del gran flusso di "Raggi Cosmici" che arrivano anche a bombardare perennemente l'atmosfera della terra. La funzione dei raggi cosmici è molteplice, ad esempio vi sono tre elementi chimici che le stelle non sono in grado di sintetizzare: il litio, il berillio ed il boro. La loro struttura, infatti, è debole e non resiste alle alte temperature presenti all'interno della stella stessa. Essi vengono però prodotti nei grandi freddi interstellari quando un raggio cosmico incontra un nucleo di un atomo di carbonio o di ossigeno che, nell’impatto si spezza ed alcuni dei residui servono a formare, appunto, atomi degli elementi litio, berillio o boro. Questi eventi sono rari e giustificano la scarsità, nella Galassia, di questi elementi; un grammo di acido borico acquistato in farmacia contiene più atomi di boro di quanti non se ne formino, in un volume pari a quello occupato dal Sole, in un miliardo di anni. I Raggi Cosmici appariranno anche altrove, essi, quando furono scoperti, vennero così chiamati quasi a confessare una duplice ignoranza poiché raggi significa che non si sapeva che cosa fossero e cosmici che non si sapeva di dove venissero. Oggi si conosce con buona approssimazione, sia la composizione della radiazione cosmica, perlopiù protoni, che l'origine di essa, dai "flares" solari e stellari, alle supernovae a meccanismi di accelerazione nel campo magnetico galattico ed infine per i più energetici, forse, ai nuclei delle galassie.,

 

I resti di supernova, dopo alcune decine di migliaia di anni, si sono espansi nello spazio ed occupano un volume di diametro alcune decine di anni luce. La nebulosa del Cigno è un buon esempio in cui si osservano filamenti colorati che si intrecciano come il fumo di una sigaretta. La temperatura di ciò che resta dell'esplosione iniziale, si avvicina a quella delle nubi interstellari, poche decine di gradi al di sopra dello zero assoluto. Ciò nonostante non tutto è morto e spento, l'attività chimica riprende vigorosa. È l'idrogeno che guida il processo unendosi ad atomi pesanti per formare nuove molecole a noi note poiché fanno parte della vita quotidiana: acqua (idrogeno e ossigeno), ammoniaca (idrogeno e azoto), metano e altri idrocarburi (idrogeno e carbonio). Alcune di queste molecole sono tenute insieme da un legame particolarmente versatile detto "legame ad idrogeno" che è il legame che permette alle molecole d'acqua di unirsi tra loro e di avere una temperatura di ebollizione particolarmente alta. Per esempio, senza questo legame gli oceani sarebbero prontamente evaporati e non sarebbe possibile la vita. Si pensa che le molecole contenenti idrogeno formino un sottile strato "ghiacciato" sulla superficie dei grani di polvere. Siamo quindi in possesso di tutti gli ingredienti che, per azione dei Raggi Cosmici e dei fotoni ultravioletti emessi dalle stelle, possono formare le molecole più complesse.

I Raggi Cosmici sono i responsabili iniziatori dell'evoluzione chimica. Nello spazio essi urtano i granelli di polvere e liberano le molecole congelate sulla loro superficie. I frammenti si ricombinano casualmente dando inizio ad una nuova chimica. Attraverso queste unioni casuali si formano molecole di notevoli dimensioni che contengono anche più di 10 atomi. Sono già state osservate, grazie alla loro emissione nella banda radio, molecole di ossido di carbonio (2 atomi), acqua (3 atomi), ammoniaca, acetilene, formaldeide (4 atomi), metano ed acido formico (5 atomi), alcool metilico (6 atomi) alcool etilico (9 atomi) per citare quelle che hanno un "nome" noto. Le molecole prodotte in questo modo lasciano le zone in cui sono state generate e quindi i grani che ne hanno permessa la nascita, per trasferirsi altrove e "vivere una loro vita" indipendente. Come si è detto ogni molecola emette una radiazione che permette di identificarla. Questa radiazione è generalmente sotto forma di radio onde. Osservazioni con radiotelescopi ci hanno permesso di identificare, fino ad oggi, più di 100 molecole nello spazio interstellare. Nessuno aveva osato immaginare che tanta complessità potesse avere origine da spazi soggetti a condizioni di temperatura e densità tanto estreme. La scoperta di strutture così organizzate ci ha colti di sorpresa, la materia sembra possedere l'imprevista capacità di trarre vantaggio anche dalle circostanze più avverse.

Nel passato si credeva nella generazione spontanea cioè: l'immondizia lasciata marcire genera vermi e topi. Pasteur ha sradicato questa convinzione dimostrando che, sulla terra, la vita è generata da esseri viventi. Oggi con la imprevista scoperta di una molteplicità di molecole complesse nello spazio è ritornata la confusione tra animato ed inanimato, è pensabile che la vita emerga dalla combinazione delle varie componenti, con cui costruire aminoacidi, con i quali, a sua volta, si formano le proteine e le basi con cui costruire il DNA. L'evento, considerato assai "improbabile", dell'apparizione della vita, combinato con l'evento, ora non solo probabile ma che si sta rivelando "comune", della presenza di pianeti intorno a stelle, rendono il "miracolo" della vita non più una sovrapposizione di coincidenze, una più straordinaria dell'altra, ma una possibilità che va riconsiderata. Che cos'è la vita? Nel senso piùampio la parola denota la tendenza che la materia mostra ad organizzarsi in livelli di crescente complessità.  La produzione di elementi nelle fornaci stellari, come la formazione di molecole complesse sulle superfici gelate di granelli di polvere interstellare, sono conferme della stessa tendenza, evidente nella proliferazione di vegetazione nelle foreste dell'Amazzonia. Si noti che tutte le molecole che comprendono più di 3 atomi contengono anche uno o più atomi di carbonio, fornito di 4 "ganci" (in chimica si direbbe di valenza 4) e particolarmente adatto per combinazioni molecolari. Anche sulla terra il carbonio è presente in gran parte delle grandi strutture molecolari. Si è dunque scoperto che il carbonio non è predominante solo nella biosfera terrestre ma nell'intera Galassia, e probabilmente anche nelle altre. Sembra dunque sempre meno unica la presenza della vita e sempre più probabile l'esistenza di altre forme di vita altrove. Alla domanda: "siamo soli?" la risposta che oggi si può dare è: "probabilmente no". Sembra si sia ancora lontani, invece, dal saper rispondere alla seconda, più difficile, domanda: "dove sono gli altri?"



Home