Figlio di un fornaio, fin da giovanissimo assorbe in famiglia le idee socialiste. Con la scissione di Livorno, nel 1921 aderisce al PCI. Nel 1926 è costretto a rifugiarsi in Francia per la sua attività antifascista. Torna in Italia dopo l'8 settembre 1943. Nell'agosto del 1944 viene indicato come futuro sindaco di Bologna. Deputato alla Costituente nel 1946, sarà primo cittadino di Bologna fino al 2 aprile 1966. Muore povero il 28 dicembre 1974.
Andrea Fontana, giornalista del Resto del Carlino, scriveva della sua amministrazione: «Il periodo di Dozza sindaco fu quello dello sviluppo delle politiche sociali e dei primi, grandi progetti per la città: l'esperimento consociativo condotto dal suo successore, Guido Fanti, alla fine degli anni Sessanta, aveva alle spalle la realizzazione della tangenziale, sulla quale durante l'amministrazione di Dozza fluirono, in accordo con la DC, i finanziamenti statali. E la famosa rete di scuole materne - di livello scandinavo, si diceva allora - che simboleggiò più di ogni altra cosa il
Welfare State di Renato Zangheri, traeva linfa da una tradizione che poteva vantare nel 1966, ultimo anno di governo Dozza, 11 mila bambini iscritti alle materne pubbliche. [...] Dozza ridefinì la complessa tradizione riformista del socialismo padano. Da un lato, infatti, impose la centralità della classe operaia. Ma dall'altro, fiorì qui più che altrove l'attenzione e il coinvolgimento del PCI verso i ceti medi produttivi [...]. Una terra di "comunismo ideale e socialdemocrazia reale", ma anche uno stretto legame col PCI romano».