Braibanti, nato Fiorenzuola d'Adda, dichiaratamente omosessuale, aveva partecipato alla Resistenza ed era stato arrestato e torturato dai nazifascisti. Iscritto al Pci alla fine degli Anni 40 aveva abbandonato tutte le cariche di partito.
Venne arrestato il 5 dicembre 1967 perché il padre di un ragazzo che era andato a vivere con lui lo denunciò per plagio. Nel giugno 1981 l'articolo del Codice penale sul plagio venne però abrogato dalla Consulta in quanto non conforme alla Carta costituzionale. E nel marzo 1982 la Corte d'appello ordinò che della condanna non si facesse più menzione nel suo certificato penale. Ma dalla metà degli anni '80 il professore viveva in estreme ristrettezze. Per questo nell'87 un gruppo di artisti e uomini di cultura firmarono un appello in suo favore. Un appello rilanciato da Grillini e dalla Melandri nel 2003. Nel novembre del 2006 il governo riconobbe un vitalizio a Braibanti. La decisione del governo fu considerata da molti “una vittoria perché rappresenta un grande risarcimento storico”.
“Quel processo non era per plagio ma contro l'omosessualità", ha commentato Grillini.