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A Bologna
6 gennaio. Dossetti ordinato sacerdote


Da sinistra, Dossetti, Fanfani e, di spalle, De Gasperi
Giuseppe Dossetti (1913 - 1996)
Nel 1957 Giuseppe Dossetti  ha già vissuto una serie di esperienze significative che l'hanno collocato tra i protagonisti della vita politica e culturale del paese. Impegnato nella Resistenza, diventa Presidente del CLN di Reggio Emilia nel dicembre 1944 e si batte per la fine delle vendette. Nell'agosto 1945 viene eletto vice segretario della Democrazia Cristiana , iniziando così la fase più squisitamente politica della sua vita. Eletto nell'Assemblea costituente nel 1946, ma soprattutto come componente del comitato dei 75, partecipa alla stesura della bozza della Costituzione: memorabile il suo intervento sui rapporti fra chiesa e stato democratico (1947).La sua attività politica nel partito continua, mentre emergono sempre più chiaramente le profonde divergenze con De Gasperi (scelta repubblicana, Patto Atlantico). In parlamento riesce a far approvare le leggi sulla Cassa per il Mezzogiorno e sulla riforma agraria e quella tributaria.

Nel gennaio 1952 chiude definitivamente la sua esperienza politica nella convinzione che non fosse avvenuta - a livello di struttura della società - quella grande scelta tra fascismo e non fascismo che sola avrebbe consentito un superamento dei vecchi sistemi e la risposta alle "attese della povera gente" (La Pira). Dal 1953 realizza a Bologna un istituto di ricerca nel campo delle scienze religiose (Centro di Documentazione e poi Istituto per le scienze religiose) che impegna ricercatori laici e tende a ridare un posto a tali scienze nella cultura italiana.

Dopo la breve parentesi della campagna elettorale del 1956 come candidato a sindaco di Bologna (che gli consentì di formulare interessanti proposte innovative per il governo della città come l'istituzione dei quartieri), nel 1958 si dimette dal Consiglio comunale per seguire la sua antica vocazione al sacerdozio. Intanto si concretizza sempre di più la sua scelta monastica che lo accompagnerà fino alla fine. Nasce intorno a lui una comunità che si caratterizza non solo per i tradizionali voti monastici e per una particolare immersione nelle Sacre Scritture, ma anche per la sua "comunione con tutta la storia, soprattutto la storia degli umili, dei poveri, dei piccoli, di coloro che sono senza storia", lo dimostrano gli insediamenti della comunità in Giordania, Israele e a Monte Sole.

Il Concilio Vaticano II impegnò Dossetti tra il 1959 e il 1965 nel ruolo di esperto del Cardinal G. Lercaro. Egli mette al servizio del cardinale il suo eccezionale intuito storico, la sua cultura teologica e canonistica e la sua esperienza assembleare, maturata negli anni della Costituente. La riforma del regolamento del Concilio, come alcuni importanti formulazioni (ad esempio quella relativa  alle modalità di promulgazione delle decisioni conciliari) lo videro protagonista.. Per brevissimo tempo(ottobre 1963) segretario dei quattro moderatori si trova veramente al centro delle vicende conciliari, ma l'apparato curiale reagisce prontamente ed egli torna al suo ruolo di "perito". I discorsi di Lercaro recano spesso tracce consistenti di questa collaborazione. Partecipa al rinnovamento conciliare della diocesi bolognese come provicario generale (1967) e lascia ogni attività diocesana al momento del ritiro di Lercaro.

Monaco silenzioso e spesso lontano nei paesi d'oriente, riprese vigorosamente la parola nel 1993 a difesa di quella Costituzione che aveva così efficacemente contribuito a formulare.

Giacomo Lercaro (1891 - 1976)
Giacomo Lercaro nel 1957 è da cinque anni vescovo della chiesa bolognese. Creato cardinale nel 1953 è una figura di rilievo nella chiesa italiana, soprattutto in campo liturgico dove sostiene l'esigenza di una partecipazione attiva del popolo alla messa (A Messa figlioli, Bologna 1955). L'impegno per la costruzione di nuove chiese in periferia fa di Bologna un centro vivace e unico in Italia per il rinnovamento dell'architettura sacra e introduce Lercaro nel circuito dei vescovi europei, come raramente accadeva per un italiano. Ma il suo episcopato, sempre ricco di innovazioni e anche di difficoltà per la dura contrapposizione con l'amministrazione "rossa" (come si diceva allora), raggiunge il massimo di rilevanza proprio a partire dal 1958 con l'elezione a papa di Giovanni XXIII. Lercaro trova una consonanza spontanea e immediata con la ricca apertura pastorale del nuovo papa. Il suo desiderio di coinvolgere i fedeli nella vita ecclesiale riconosce come propria l'immagine giovannea non di una chiesa museo, ma giardino da coltivare e far vivere assecondando le stagioni. Il Concilio Vaticano II porta Lercaro a giocare ruoli di primo piano nella chiesa universale. Ignorato dall'episcopato italiano viene eletto, nella lista dei vescovi centro-europei, nella commissione liturgica conciliare che formulerà uno dei testi più importanti e innovativi del Vaticano II, cioè la riforma liturgica.

Ma il suo vero esordio come protagonista del concilio avviene il 6 dicembre 1962 quando annuncia che questo concilio "deve essere il concilio della chiesa, particolarmente e soprattutto la chiesa dei poveri". Le chiese africane e latino-americane in particolare scoprirono improvvisamente un leader che proclama che"questa è l'ora dei poveri, dei milioni di poveri", cioè delle loro chiese. Questi episcopati che siedono quasi timidamente sui banchi conciliari riconoscono a questo vescovo europeo di aver parlato per loro. Il secondo periodo conciliare (1963) lo vede sedere fra i quattro moderatori, quei cardinali che dovevano guidare i lavoro del concilio. Lercaro intervenne in concilio 9 volte e presentò due interventi scritti, l'ultimo dei quali resta, dopo la Pacem in terris di Giovanni XXIII (1962), una delle condanne più dure e teologicamente fondate contro la guerra espresse da un vescovo in una sede solenne come il concilio. Lo stesso possesso delle armi è da lui giudicato "qualcosa di demoniaco" che non può conservare la pace con l'equilibrio del terrore: "non è lecito produrle o conservarle, ma si deve arrivare, senza dilazioni possibili, alle distruzione simultanea e totale di esse". Così Bologna scopre che Lercaro difende i poveri e la pace e accoglie il suo arcivescovo con calorosa simpatia. Anche da parte del partito comunista tante cose sono cambiate e nel novembre 1966 il nuovo sindaco Guido Fanti gli conferisce la cittadinanza onoraria. E' il primo "chiaro esempio di composta convivenza civica tesa al bene comune nel reciproco rispetto", come disse lo stesso Lercaro nell'addio ai suo popolo. L'applicazione del concilio nella chiesa bolognese è ormai il suo impegno più pressante: la creazione di gruppi di studio per la riforma della diocesi in cui laici e chierici lavorano su un piano di assoluta parità (1966), la nomina di Giuseppe Dossetti a pro-vicario della diocesi (1967) sono atti in questo senso rilevanti.

Il primo gennaio 1968 la difesa della pace richiede un estremo gesto di coraggio che Lercaro compie condannando i bombardamenti americani in atto in Vietnam. E' la fine del suo episcopato. La diplomazia, anche vaticana, non accetta interferenze di questo tipo e poi forse questo vescovo ha troppo spirito conciliare, meglio personaggi più tranquilli. Il 27 gennaio gli viene comunicato che deve lasciare il governo della diocesi. Egli obbedisce, e senza mentire, dice al suo popolo:"Mi fu detto dal pastore supremo "vieni" .. e io venni e mi è detto ancora oggi dal pastore supremo "vai" ed io vado sereno e lieto di obbedire". Ma la lacerazione fu profonda non solo nel suo cuore, ma anche nella chiesa bolognese, non meno che in quella universale. Vescovo meraviglioso in anni vivi, anche se talora drammatici per la vita ecclesiale.
Ma anche la conquista dello spazio era un'avventura drammatica.
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