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Roncalli, Angelo Giuseppe (Papa Giovanni XXIII)
1881-1963
Viene eletto papa a 77 anni il 28 ottobre 1958. Egli si era arricchito di esperienza negli anni del suo servizio diplomatico in paesi poco consueti ai vescovi cattolici (Bulgaria, Turchia e Grecia) dal 1925 al 1944, maturando, a contatto con il mondo ortodosso, un forte desiderio di unità della chiesa. Nunzio a Parigi dal 1945 si trova a toccare con mano il dramma della scristianizzazione della classe operaia e della società in genere. Patriarca di Venezia nel 1953 egli riesce finalmente ad essere pastore di anime come aveva sempre desiderato. La sua elezione del 1958 avrebbe dovuto rappresentare, secondo molti, un papato di tranquilla transizione dopo il lungo e impegnativo pontificato di Pio XII.
In realtà Giovanni XXIII sconvolge immediatamente queste aspettative annunciando il 25 gennaio 1959 la ferma volontà di convocare un nuovo concilio ecumenico a quattrocento anni dal Concilio di Trento e dopo la proclamazione dell'infallibilità pontificia che sembra a molti rendere ormai inutili i concili. L'annuncio suscita perplessità in molti ambienti curiali, mentre un'attesa di trepida speranza percorre non solo la chiesa cattolica, ma anche le altre chiese cristiane e l'umanità tutta che legge segni di speranza nelle parole e nei gesti del vecchio papa: memorabile la visita alle carceri romane e il clima di profonda umanità in cui avvenne.
All'apertura del Concilio Vaticano II (11 ottobre 1962) Giovanni XXIII pronuncia un discorso che sarà l'atto più importante del suo pontificato e forse di tutta la chiesa cattolica del secolo scorso. Di fronte a più di 2500 vescovi di tutto il mondo e - fatto assolutamente nuovo - agli osservatori inviati dalle chiese non cattoliche egli annuncia la volontà della chiesa di assumere un atteggiamento di accoglienza e simpatia verso gli uomini. Rifiuta i profeti di sventura" che annunziano eventi sempre infausti", mentre la dilatazione della dimensione della carità a tutti i bisogni degli uomini e a tutti i popoli della terra deve mettere la chiesa in condizione di rispondere alle istanze rinnovate dell'evangelizzazione.
La "medicina della misericordia" viene dunque proclamata come atteggiamento più proprio alla chiesa e tutta l'impostazione del concilio vuole dunque essere pastorale, vale a dire rispondere ai bisogni dell'umanità. Giovanni XXIII guidò con mano lieve il Concilio preoccupato di garantire ai padri conciliari la massima libertà di espressione e la massima libertà nelle votazioni e non compì mai nessun intervento sui testi in discussione.
Egli sapeva che non avrebbe visto la fine del Concilio perché nell'autunno del 1962 gli era stato diagnosticato un tumore, malgrado questa consapevolezza non cercò mai di affrettare i lavori conciliari, ma si preoccupò soltanto del fatto che il Concilio continuasse anche nel periodo di pausa tra il dicembre 1962 e il settembre 1963 e arrivasse alla sua naturale conclusione che sarebbe stata una nuova Pentecoste per la chiesa. Un ultimo impegno sentiva di dover assolvere: parlare della pace in un modo tale da determinare una svolta decisiva nella dottrina stessa della guerra giusta fino ad allora accettata dalla Chiesa.
Il giovedì santo del 1963 egli firmò la famosa enciclica
Pacem in terris, indirizzata non solo ai vescovi e ai fedeli, ma a tutti gli uomini di buona volontà. Questo fu un fatto nuovo nella storia delle encicliche. In essa dichiarava che "riesce impossibile pensare che nell'era atomica la guerra possa essere utilizzata come strumento di giustizia". La guerra giusta, che per tanti secoli aveva giustificato conflitti e carneficine, veniva posta al bando nell'era atomica. Era questo il suo testamento: che gli uomini vivessero in pace secondo l'insegnamento di Cristo mite e umile di cuore.
I brevi anni del suo pontificato sono certamente stati una svolta epocale nella vita dell'umanità.