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La straordinaria avventura dei fratelli Judica Cordiglia
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Achille (seduto) e Giovanni Battista Judica Cordiglia ascoltano la voce di Yuri Gagarin. |
Achille e Giovanni Battista Judica Cordiglia, oggi due stimati professionisti a cavallo dei settant'anni (medico specializzato in cardiologia e in medicina aeronautica e spaziale il primo, documentarista e perito fonico e fotografico presso il Tribunale di Torino il secondo), tra la fine degli anni '50 e l'inizio dei '60 si fecero conoscere in tutto il mondo per aver ideato e costruito con mezzi di fortuna, sorretti soltanto da un'incredibile volontà ed entusiasmo, una stazione di ascolto radio grazie alla quale per primi, e sovente unici, in quegli anni avventurosi in cui la corsa allo spazio era costantemente sulla bocca e nei pensieri di tutti riuscirono a captare i segnali emessi dai satelliti artificiali e le voci degli astronauti che trasmettevano dal cosmo.
L'interesse dei due fratelli per le radio e le telecomunicazioni era nato in loro fin da giovanissimi quando, alla fine degli anni '40, con l'aiuto dell'elettrauto di famiglia e di un ingegnere amico dei genitori riuscirono a mettere insieme i primi ricevitori e le prime antenne con cui iniziarono a scandagliare l'etere, dopo essersi cimentati in trasmissioni in codice Morse inviate alla nonna che abitava nella villa accanto alla loro a Erba, presso Como, e che si prestava al gioco dei nipotini decodificando pazientemente i loro messaggi.
In seguito la famiglia si trasferì a Torino e là la passione dei due giovani si concretizzò in ulteriori attività e nuove (per modo di dire, visto che si trattava sempre di congegni autocostruiti o di seconda/terza mano) attrezzature: radio ricevitori, sistemati nella loro camera da letto, e antenne sempre più sofisticate e via via modificate e migliorate installate sul tetto del condominio in cui abitavano, in Via Accademia Albertina 3.
E fu proprio lì che nacque la fama dei due quando nel 1957, tra ottobre e novembre, riuscirono a captare e registrare su nastro i segnali emessi dagli Sputnik 1 e 2, quest'ultimo con a bordo la cagnetta Laika.
Negli anni successivi i due fratelli riuscirono, migliorando sempre più l'attrezzatura di cui disponevano e mettendo a punto tecniche di inseguimento e tracking dei satelliti che furono di esempio anche per la stessa NASA, a captare e registrare su nastro le "voci" artificiali di tutti i principali satelliti messi in orbita da USA e URSS e quelle naturali di astronauti e cosmonauti, divenendo così punto di riferimento obbligato per giornalisti di quotidiani e agenzie di stampa i quali, via via che le ricezioni si fecero più precise e affidabili, non mancarono mai di affollare - alla ricerca di notizie in anteprima - il loro centro di ascolto.
Erano soprattutto i Sovietici a metterli in difficoltà nell'effettuare le registrazioni, perché con la loro mania per la segretezza non comunicavano mai i lanci in anticipo, come invece facevano gli Americani, ma solo a missione iniziata o addirittura terminata per evitare che un guasto o un incidente potessero incrinare il mito di tecnologia d'avanguardia che volevano fosse inevitabilmente associato a tutto ciò che il mondo comunista produceva.
Centro Radio Ascolto Spaziale di Torre Bert: antenna parabolica di 8 m di diametro, del peso di una tonnellata e mezza, dotata di movimento azimutale e zenitale, per l'intercettazione dei segnali e la localizzazione dei satelliti artificiali. |
In altre parole, mentre gli USA annunciavano sempre in anticipo ogni loro missione spaziale, col rischio di esporsi a figuracce se qualcosa fosse poi andato storto sotto gli occhi dei media di tutto il pianeta, i Russi invece apparentemente non fallivano mai, perché annunciavano in pompa magna soltanto i lanci che si erano conclusi in maniera favorevole.
Questo atteggiamento ha fatto sì che per moltissimi anni tanti retroscena dei programmi spaziali sovietici non si siano conosciuti in Occidente fino a ben dopo la caduta dell'URSS e del Muro di Berlino, ma va detto che molti di quei segreti furono proprio i due intraprendenti fratelli torinesi a svelarli al mondo mentre si svolgevano, in diretta.
Con attrezzature recuperate dai robivecchi o tra i residuati bellici, ma soprattutto con la loro eccezionale intelligenza, oltre che col costante sostegno del resto della famiglia (padre, madre e due sorelle) e di un gruppo di fedeli amici e collaboratori, Achille e Giovanni Battista erano riusciti a comprendere i segnali che le basi segrete sovietiche si scambiavano quando un esperimento spaziale stava per aver luogo, così quando il razzo effettivamente partiva - all'insaputa di tutti - i due Judica Cordiglia erano in agguato per coglierlo al varco al momento della trasmissione dei dati a terra (fosse esso un veicolo automatico oppure pilotato). La posizione di Torino era tale, rispetto all'orbita standard percorsa dai veicoli spaziali sovietici, da permettere una ottimale ricezione delle comunicazioni radio. E i due non perdevano un colpo acquisendo, ad ogni nuovo bollettino da essi diramato alla stampa in occasione di missioni spaziali sovietiche, nuova stima e considerazione da parte dei giornalisti, che li consideravano sempre più fonti informative primarie e qualificate.
Altre volte erano gli Americani che, pur con la trasparenza che li contraddistingueva, creavano problemi di difficile risoluzione. Esemplare è il modo in cui i due risolsero una fondamentale carenza di dati nell'imminenza del lancio del primo Americano in orbita, John Glenn, il 20 febbraio 1962.
Gli USA non avevano voluto divulgare le frequenze radio su cui avrebbero operato le trasmissioni da e per la capsula, nel timore che i Sovietici tentassero di disturbarle.
L'ignoranza di questo dato fondamentale avrebbe impedito ai due fratelli di ascoltare la voce di Glenn dallo spazio, perciò si misero al lavoro e come al solito trovarono la soluzione, in perfetto carattere con la genialità che avevano sempre dimostrato.
Tra il materiale messo a disposizione dagli Americani al pubblico ed in possesso dei due fratelli, c'era una fotografia che ritraeva il recupero in mare di una capsula Mercury: nella foto si vedeva benissimo l'antenna radio che sporgeva dalla sommità del veicolo spaziale; poter misurare con precisione la lunghezza dell'antenna avrebbe permesso di arrivare alla frequenza radio da essa utilizzata.
Il lavoro non era semplice, perché mancavano punti di riferimento precisi nella fotografia, caratterizzata inoltre da una leggera distorsione prospettica. Ma in un lampo di genio, i due fratelli decisero di utilizzare come termine di paragone e raffronto i visi di due marinai che apparivano nella foto: chiesero pertanto aiuto al padre, esperto in medicina legale, per ricavare le misure precise delle ossa del volto dei due, cosa che al genitore riuscì senza troppa fatica.
Avendo a disposizione quel dato certo, i due fratelli poterono risalire alla misura dell'antenna e la frequenza per loro non fu più un segreto.
In una sala di Torre Bert sono visibili alcune tra le prime installazioni del centro di ascolto. In basso, alcuni apparecchi radioriceventi impiegati per satelliti americani e sovietici. |
Quando, grazie alla partecipazione alla trasmissione televisiva condotta da Mike Bongiorno "La fiera dei sogni", i due ebbero l'opportunità di recarsi, nel febbraio del 1964, a visitare basi e installazioni spaziali della NASA, portarono con sé una valigia con 30 chili di documenti e registrazioni su nastro che sottoposero all'attenzione di alti funzionari dell'Ente spaziale americano, lasciandoli a bocca aperta nel dimostrare loro cosa erano riusciti a fare. In questa dimostrazione la registrazione della voce di Glenn e la spiegazione di come fossero riusciti a captarla costituirono la ciliegina sulla torta: i due tornarono felicemente a Torino con molte informazioni riservate sull'attività spaziale sovietica fornite dalla NASA in cambio di altri preziosi dati in loro possesso. Una collaborazione che avrebbe avuto sviluppi importanti negli anni a venire.
Col passare del tempo, l'aumento delle attrezzature e delle antenne (tra cui la più grossa esistente in quel momento in Italia) obbligarono i fratelli a trasferire la sede del loro centro di ascolto prima - nel 1961 - in un ex bunker tedesco a Torre Bert, sulle colline torinesi, poi - nell'aprile 1962 - a San Maurizio Canavese, a circa 20 km da Torino.
E per tutti gli anni '60 fu un crescendo di successi e popolarità per i due fratelli Judica Cordiglia, che ebbero l'onore di commentare in diretta per la Radio/TV Svizzera Italiana le fasi dell'allunaggio del modulo lunare di Apollo 11 nel luglio 1969.
Si cimentarono anche in attività editoriali: nel 1961 pubblicando, per la casa editrice LICE di Padova, il volume "Voci dallo spazio", e nel 1965 curando, per la Fratelli Fabbri Editori di Milano, l'enciclopedia "L'uomo e lo spazio" in tre volumi (42 fascicoli settimanali corredati da 42 dischi contenenti documenti sonori); "L'uomo e lo spazio" venne riproposta al pubblico, ampliata a quattro volumi, nel 1969, in concomitanza con il primo storico sbarco sulla Luna.
Tuttavia, più le loro imprese si diffondevano ovunque, più la loro attività iniziò ad interessare la comunità dei servizi segreti perché ciò che i due fratelli facevano con l'entusiasmo e la spregiudicatezza tipiche dei giovani geniali si inseriva nel gioco mortale che le superpotenze stavano conducendo nella più ampia cornice della Guerra Fredda. Non fu quindi per caso che i due ricevettero un giorno la visita di un sedicente giornalista sovietico che offrì loro collaborazione tecnica in cambio di informazioni riservate e, subito dopo che l'uomo se n'era andato, quella di un funzionario dei servizi segreti italiani che spiegò loro come il presunto reporter fosse una spia che lui e un suo collega stavano tenendo d'occhio da tempo.
Da allora i servizi italiani tennero sempre discretamente sotto osservazione le attività di chi girava attorno ai fratelli Judica Cordiglia per evitare loro attenzioni sgradite.
I fratelli Judica Cordiglia mentre, insieme a due collaboratori, attendono di ascoltare la voce dei cosmonauti sovietici Nikolayev e Popovich. |
Ma se le attività dei due costituirono inizialmente una fonte di interesse per i Sovietici, che speravano di scoprire a quali dei loro segreti i fratelli fossero riusciti ad avere accesso, ad un certo momento andarono a costituire una vera e propria spina nel fianco. Infatti arrivò il giorno in cui i due fratelli cominciarono a captare segnali e messaggi che nessuno in Occidente avrebbe dovuto udire: le prove che vi erano stati, prima e dopo quello di Gagarin, lanci sovietici di navicelle spaziali che erano finiti in disastro. La regola di annunciare al mondo solo le missioni finite bene aveva fatto sì che su quelle missioni - e sugli eroici cosmonauti che ne avevano costituito l'equipaggio - fosse scesa una immediata cortina di silenzio.
Ma i fratelli torinesi erano sempre all'erta, e fu così che poterono documentare - attraverso puntuali bollettini diramati attraverso l'Agenzia ANSA - lo svolgimento di alcune di queste tragiche missioni:
Il 28/11/1960 fu captata una trasmissione in codice Morse in lingua inglese che ripeteva incessantemente: "SOS a tutto il mondo", apparentemente proveniente da un cosmonauta in orbita. Radio Mosca l'1 dicembre affermò che era stata messa in orbita una nave da 5 tonnellate nel quadro dei programmi volti a preparare l'invio di un uomo nello spazio. Il veicolo fu rilevato dai fratelli su una traiettoria in allontanamento dalla Terra, come se le procedure di rientro fossero fallite.
Il 2/2/1961 vennero captati suoni identificati come un respiro affannoso e un battito cardiaco. Di tutto questo vi fu la conferma data dall'illustre clinico Prof. Dogliotti e dalla sua equipe, che ascoltarono quella che potrebbe essere definita la morte "in diretta" del presunto cosmonauta: un rantolo e la fine dei battiti. Il 4 febbraio i Sovietici annunciarono il lancio di una "nave Sputnik" di 6 tonnellate e mezza, che sarebbe rimasta in orbita pochi giorni prima di disintegrarsi negli strati densi dell'atmosfera terrestre.
Tra il 16 e il 23/5/1961 vennero captate da una navicella in orbita le voci di due uomini e una donna. Dopo qualche tempo le voci maschili avrebbero cessato di trasmettere e sarebbe rimasta solo la voce femminile, che negli ultimi momenti lamentava incessantemente di avere caldo e di vedere una fiamma, fino ad un ultimo grido lacerante prima del definitivo silenzio. Sembrava evidente che la navicella fosse bruciata in fase di rientro atmosferico.
Il 14/10/1961 venne registrata la voce di un cosmonauta, la cui navicella si sarebbe poi disintegrata al contatto con l'atmosfera.
Il 13/4/1964 i Sovietici annunciarono il lancio del satellite Polyot 2, senza equipaggio. Da Torre Bert sarebbero tuttavia stati captati dialoghi tra il satellite e la base a terra.
I fratelli Judica Cordiglia insieme al padre Giovanni, medico, che sta esaminando la traccia oscilloscopica del battito cardiaco della cagnetta Laika. |
La pazienza delle Autorità sovietiche, messa a dura prova da anni, terminò improvvisamente il 7 aprile 1965, quando sulla "Stella Rossa" moscovita apparve un lungo e durissimo attacco ai due fratelli torinesi da parte del Ten. Generale Nikolai Kamanin, direttore dei corsi di addestramento dei cosmonauti sovietici. Kamanin sosteneva che i due, definiti "banditi" e "radiopirati" al soldo dello spionaggio americano, avevano divulgato false elucubrazioni su disastri spaziali sovietici mai avvenuti e che i cosmonauti da loro citati per nome e cognome non erano in realtà mai esistiti.
A questo duro attacco i due replicarono con un comunicato diramato dall'ANSA il giorno dopo, confermando quanto da loro sostenuto e riepilogando la correttezza delle loro procedure di ascolto.
I due sottolineavano come i loro ascolti si fossero sempre svolti in presenza di testimoni e risposero per le rime al loro accusatore dimostrando che foto e citazioni di quei cosmonauti che secondo Kamanin non erano mai esistiti erano invece state ricavate proprio da pubblicazioni sovietiche!
Quella dei presunti cosmonauti perduti è una vicenda che a tutt'oggi, in mancanza di conferme da parte dei diretti interessati (l'URSS prima, la Russia poi), non ha trovato un definitivo chiarimento. Un chiarimento che forse non ci sarà mai.
Nel corso degli anni molti commentatori ed esperti hanno detto la loro sull'argomento, e la gamma delle opinioni espresse va dal possibilista al negazionista attraverso tutta una serie di sfumature intermedie. Ma non si può negare, indipendentemente da come ciascuno la pensi, che il materiale raccolto dai fratelli Judica Cordiglia sia a dir poco impressionante.
Un'epopea straordinaria sotto tanti punti di vista, quindi, quella di Achille e Giovanni Battista Judica Cordiglia, i quali l'hanno rievocata nel libro:
Dossier Sputnik "... questo il mondo non lo saprà...", edito nel 2007 a Torino dalle Edizioni Vitalità di Minerva Medica Spa.
Un libro divertente ed emozionante, indispensabile per conoscere e ricordare un fenomenale esempio di ingegno e inventiva tutti italiani in un'epoca in cui scienza e tecnica sembravano esclusivo appannaggio delle sole Grandi Potenze.
Nota: le fotografie sono tratte dall'opera "L'uomo e lo spazio", II ed., pubblicata nel 1969 a cura dei fratelli Judica Cordiglia.