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I veicoli a corpo portante (Lifting Bodies)
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Via via che, a cominciare dagli Anni '50, negli Stati Uniti venivano sviluppati i programmi Mercury prima e Gemini poi, si ravvisò la necessità di dare agli astronauti la possibilità di guidare i loro veicoli spaziali in un rientro a terra controllato. Ovviamente, il modo migliore per rendere i veicoli pilotabili in atmosfera consisteva nel dotarli di ali, che tuttavia avrebbero dovuto essere molto grosse e robuste per sopportare gli stress estremi dati dalla forza con cui il vento avrebbe premuto su di esse dal basso a velocità ipersoniche (almeno cinque volte la velocità del suono) durante il rientro.
Tra il 1963 e il 1975 presso il NASA Flight Research Center (oggi Dryden Flight Research Center) situato nella Edwards Air Force Base vennero effettuati test in volo utilizzando una piccola flotta di veicoli a fusoliera portante (lifting bodies), attraverso i quali venne dimostrata la capacità dei piloti a manovrare e compiere atterraggi in un sito pre-determinato con un velivolo privo di ali.
Questi velivoli da ricerca dalle caratteristiche uniche, con la loro forma aerodinamica non convenzionale, erano l'M2-F1, l'M2-F2, l'M2-F3, l'HL-10, l'X-24A e l'X-24B, e le informazioni ricavate dalla loro sperimentazione in volo confluirono nella base dati che portò in seguito alla definizione e alla costruzione dello Space Shuttle.
La portanza aerodinamica - essenziale per il volo atmosferico - veniva ottenuta grazie alla forma del veicolo piuttosto che alla presenza di ali come su un normale aereo. L'aggiunta di pinne e di superfici di controllo permetteva al pilota di controllare il veicolo e di seguire il corretto sentiero di volo.
Tutti i velivoli a corpo portante tranne l'M2-F1 erano spinti da un razzo XLR-11 dello stesso tipo di quello utilizzato nel Bell X-1, il primo aeromobile a superare la barriera del suono; l'M2-F1, prototipo di peso contenuto, era invece sprovvisto di motore.
Solitamente si pensa agli sviluppi della tecnologia in termini di realizzazioni che troveranno un uso corrente, mentre spesso in realtà essi servono unicamente a evidenziare limitazioni concettuali e la necessità di ricorrere a soluzioni diverse o di accettare l'uso di soluzioni già in essere anche se non pienamente soddisfacenti. I veicoli a fusoliera portante testati dalla NASA negli Anni '60 e '70 resero chiare le limitazioni degli aerei senza ali, la principale delle quali consisteva nell'alta velocità di atterraggio, che rendeva il loro controllo difficile e pericoloso.
Uno dei momenti più drammatici nella sperimentazione dei lifting bodies si ebbe il 10 maggio 1967 quando il pilota Bruce Peterson, in fase di atterraggio con l'M2-F2, abbassò il carrello in leggero ritardo: il veicolo si capovolse più volte e il pilota rimase seriamente ferito (a titolo di curiosità si ricorda che sequenze reali tratte dal filmato del disastroso atterraggio di Peterson vennero utilizzate anni dopo nella sigla di apertura della serie di telefilm "L'uomo da sei milioni di dollari"). In seguito l'M2-F2 venne ricostruito come M2-F3 con l'aggiunta di una pinna verticale.
Come risultato delle esperienze di volo con i lifting bodies, gli ingegneri della NASA decisero di indirizzare i loro sforzi progettuali verso un veicolo dotato di ali, lo Space Shuttle. Sebbene lo Shuttle abbia ancora una elevata velocità di atterraggio, è comunque più lento e manovrabile di quanto lo sarebbe un lifting body di analoghe dimensioni.
Un altro importante dato emerso dagli studi effettuati con i lifting bodies è la possibilità di effettuare atterraggi sicuri senza l'uso del motore, un altro concetto ingegneristico e operativo felicemente trasposto nello Space Shuttle.