Quando si osserva un oggetto celeste occorre tenere presente che la
luminosità che giunge all'osservatore dipende sia dalla quantità
di energia effettivamente emessa dall'oggetto, che dalla distanza cui l'oggetto
si trova rispetto all'osservatore. Infatti, a parità di energia
emessa, un oggetto apparirà tanto più brillante quanto più
è vicino all'osservatore. In particolare, il flusso "S" di energia
ricevuta da un osservatore a distanza "d" sarà proporzionale all'inverso
del quadrato della distanza:
S 1/d2
Gli astronomi descrivono la luminosità stellare osservata in
termini di magnitudine apparente "m". Per confrontare correttamente le
luminosità degli oggetti celesti occorre eliminare l'effetto prodotto
sulla luminosità osservata dalla distanza sorgente-osservatore,
dobbiamo cioè trasportare idealmente tutti gli oggetti alla stessa
distanza da noi. Gli astronomi operano questo "spostamento ideale" introducendo
il concetto di "magnitudine assoluta". La magnitudine assoluta "M" è
la magnitudine apparente che una stella avrebbe se si trovasse alla distanza
di 10 parsec (cioè 32.6 a.l.). Il confronto delle magnitudini assolute
di oggetti diversi ci dice immediatamente quale oggetto emetta più
energia. Ad esempio il Sole ci appare più brillante di Capella,
ma se esse fossero entrambe poste alla distanza di 10 pc, vedremmo ancora
Capella come una delle stelle più brillanti in cielo, mentre il
Sole sarebbe una stella appena visibile ad occhio nudo. La differenza m-M
tra magnitudine apparente e magnitudine assoluta di una stella è
chiamato modulo di distanza della stella. Il modulo distanza è legato
alla distanza della stella dalla relazione:
m-M = -5 + 5 logd (pc)
dove d è la distanza dell'oggetto espressa in parsec.