Gli indicatori secondari e terziari: da 2·105
a 109 pc ed oltre
Chiamiamo "secondari" quegli indicatori che dipendono per la loro calibrazione
dalla nostra conoscenza della distanze di alcune galassie vicine, misurate
per mezzo degli indicatori "primari". Gli indicatori secondari divengono
indispensabili quando si vuole andare a misurare la distanza delle galassie
oltre il Gruppo Locale ed M81. Infine, vengono chiamati "terziari" gli
indicatori la cui calibrazione dipende dalla nostra conoscenza delle distanza
delle galassie misurate tramite indicatori secondari.
Vengono utilizzati come indicatori "secondari":
- la luminosità delle stelle più brillanti delle galassie.
L'osservazione delle stelle più brillanti nelle galassie del Gruppo
Locale e nei gruppi di M81 ed M101 ha mostrato che le "stelle rosse più
brillanti" hanno la stessa magnitudine assoluta visuale in tutte le galassie,
aprendo così la possibilità di utilizzarle come indicatori
di distanza;
- le più brillanti regioni di idrogeno ionizzato (HII) nelle
galassie, sfruttando la correlazione esistente tra dimensioni angolari
delle regioni HII e le classi di luminosità delle galassie;
- la funzione di luminosità degli ammassi globulari. La distribuzione
in luminosità degli ammassi globulari è uguale in tutte le
galassie ed è indipendente dalla luminosità della galassia
in cui gli ammassi vengono osservati (galassia ospitante), con questo metodo
si arriva a distanze di 10-20·106 pc;
- la relazione Tully-Fisher. In questo caso viene sfruttata la correlazione
esistente tra l'intensità della riga a 21 cm emessa dall'atomo di
idrogeno neutro e la magnitudine assoluta della galassia. Con questo metodo
si arriva fino a distanze di 100·106pc;
- la correlazione tra colore e luminosità nelle galassie ellittiche.
Con questo metodo si arriva a stimare le distanze fino all'ammasso della
Vergine (circa 107 pc).
Vengono classificati come indicatori "terziari":
- la classe di luminosità delle galassie spirali: la magnitudine
assoluta delle galassie spirali di una data classe di luminosità
è costante, questo metodo consentirebbe di stimare distanze dell'ordine
dei 300·106 pc. C'è stata tuttavia molta discussione sulla sua attendibilità
e negli ultimi anni si è giunti alla conclusione che la correlazione
non sia così forte e che il metodo sia piuttosto approssimativo;
- la dimensione delle galassie e la sua correlazione con la luminosità
e la classe di luminosità. Poiché la dimensione delle galassie
è una quantità notevolmente difficile da stimare anche questo
è un indicatore di distanza piuttosto rozzo.
- Infine, per spingere la nostra capacità di misurare alle distanze
cosmologiche (> 109 pc) si usa come indicatore di distanza
la "luminosità
totale delle galassie più brillanti" negli ammassi ricchi di galassie,
nell'ipotesi che essa sia costante ed uguale in tutti gli ammassi. Questo
metodo può essere calibrato osservando ammassi di galassie relativamente
vicini (ad esempio l'ammasso della Vergine) la cui distanza a sua volta
è stata stimata con più metodi diversi. Anche questa tecnica
presenta però una serie di problemi, dei quali il primo è
rappresentato dall'evoluzione delle galassie con il tempo; infatti, quando
si va indietro a galassie estremamente distanti, esse sono viste ad età
notevolmente più giovani delle galassie vicine e quindi le loro
proprietà fisiche, luminosità in particolare, potrebbero
essere molto diverse da quelle delle galassie "locali" che usiamo come
calibratori. Un altro problema è rappresentato dalla tendenza delle
galassie più luminose e massicce ad inghiottire le galassie vicine
per effetto mareale.
Le incertezze della scala delle distanze astronomiche